ON THE ROAD
Per scrivere queste righe mi sono serviti dei giorni per riflettere, per metabolizzare bene tutto: spesso per realizzare ciò che abbiamo vissuto serve del tempo.
Tutto è cominciato in un parcheggio vicino all’autostrada, il sole estivo che tanto amo in cielo, il rumore delle rotelle delle valigie che scorrono, la radio che suona le hit estive, il profumo delle brioches fresche di pasticceria, e i compagni di viaggio che più adoro.
Un pulmino nero fiammante preso a noleggio. Lì dentro abbiamo trascorso tante ore fra dormite, chiacchierate, mangiate, risate, qualche scatto rubato, i CD nello stereo e confidenze. Anche se le gambe dopo un po’ urlavano vendetta ci si abituava, e si stava bene.
In serata siamo arrivati a Vienna. Dopo il check-in in hotel abbiamo fatto un giro al Prater, località frizzante, viva e colorata della capitale austriaca: i sorrisi della gente mi hanno scaldato il cuore, così come l’enorme bistecca che mi è stata servita ad un ristorante tipico. Come sempre la differenza l’hanno fatta le piccole cose: una foto con delle simpatiche statue, il fatto che ci siamo persi dopo circa quindici minuti, il cameriere che ci serviva che si è affezionato a noi e si è fermato per più di un’ora a parlare, rubandoci anche uno scatto.
La notte in hotel passa in fretta, ma nella mia testa e nel mio cuore quello che conta resta.
Giorno 2. Verso la Polonia. Siamo passati per la Cecoslovacchia, e mi sono innamorato.
Mi sono innamorato dei girasoli. Vedere quell’infinità di campi gialli mi ha reso felice, spensierato, mi ha fatto sentire come loro: vivo grazie al sole che splende. Non li avevo mai osservati così da vicino. E se un pranzo con un panino preso in un bar e una Pepsi al lime bevuta con vista su un piccolo paese mi hanno aiutato ad ammazzare il tempo nelle ore di viaggio, a Cracovia è cambiato tutto. I sorrisi si sono fatti più rari, complici forse le mascherine indossate da più persone. Dopo una limonata fresca presa per strada, abbiamo girato la città con una macchina aperta a otto posti: una macchina come quelle che si usano a golf, solo che più grande e adatta ad andare per strada. La scelta si è rivelata essere perfetta: abbiamo avuto modo di vedere le piazze principali, il Castello di Wawel, le località ebraiche, le sinagoghe, le chiese più importanti e delle vie che sapevano di birra e gulasch.
Giorno 3. Questo viaggio è stato un regalo di mamma, progettato con i nostri super compagni di avventura. Siamo stati ad Auschwitz. Sapevo cosa mi aspettava, ma ero conscio che viverlo sarebbe stato completamente diverso. Pioveva quel giorno, anzi, diluviava. Ero indeciso se scrivere questo pezzo perché non so se riuscirò a trovare delle parole adatte, delle parole degne, delle parole giuste e rispettose per descrivere quello che ho visto, quello che ho provato. Le uniche voci che si sentono in quel posto sono quelle delle guide, e il rumore dei passi in sottofondo; e pensare che ai tempi invece, proprio lì, la gente urlava, pregava, piangeva, sperava. L’acqua bagnava i miei vestiti e le parti del corpo scoperte, ma mi sentivo la pelle diventare come di roccia. Sgabuzzini usati come stanze, bagni comuni in condizioni disumane. E poi i corridoi pieni di foto: sulla sinistra quelle delle donne, con i loro nomi, la loro data di ingresso nel campo e quella di morte; sulla destra stessa cosa per gli uomini. Sapete cosa? Che in quelle stanze ci potevamo essere tutti noi. Ci potevo essere io, ci potevi essere tu, ci poteva essere mia sorella, ci poteva essere tuo nonno. Potevamo essere dall’altra parte, con indosso l’uniforme e con un fucile in mano, senza che il nostro cuore capisse cosa stessimo facendo.
Sapete cosa? Che lì, in quel posto maledettamente storico, seppur si possano consultare esperti, vedere i resti e leggere i libri scritti dai superstiti, nessuno potrà mai, e sottolineo mai, provare ciò che realmente si provava durante quei lunghi e dolorosi giorni. Ho avuto paura dell’uomo. Ho avuto paura. Cosa siamo arrivati a fare... Sì, siamo. Perché nessuno si è opposto, perché nessuno ha detto niente, perché chi sapeva ha fatto finta di niente. Davanti a bambini massacrati, davanti a donne violentate, davanti a una merda umana con un camice bianco che faceva gli esperimenti sui bambini e iniettava strane medicine alle donne per renderle sterili.
Sapete cosa? Vedere quelle tonnellate di capelli ammucchiati mi ha fatto mancare il respiro, e mannaggia alla mascherina che non è stata d’aiuto. Ogni singolo oggetto che è restato rappresenta una vita. Una vita strappata dalla pazzia, dalla cattiveria, dal nonsocosa dell’uomo. Ma io non voglio nemmeno chiamarlo così. E fra tutte quelle notizie, fra tutti quei dati incomprensibili e terrificanti, sapere che in quattro sono riusciti a scappare mi ha donato un decimo di secondo di pace interiore. Necessitavo di qualcosa di positivo. Di umano.
Il quarto giorno, trascorso in macchina verso Salisburgo, è stato un insieme di tante cose: riflessioni personali e di gruppo su quanto visto il giorno prima, qualche ora di sonno, io che faccio conoscere ai nostri compagni di viaggio la storia del mio cantante preferito, un nodo alla gola nel rivedere le poche foto scattate nel campo di concentramento di Auschwitz, una merenda che ha fatto da pranzo e da cena, e un abbraccio che mi ha fatto sentire meglio.
Salisburgo, seppur chiusa perché domenica, mi ha donato allegria. La storica casa di Mozart, il cioccolato, un ristorante italiano che di italiano aveva solo il nome e la via dello shopping che abbiamo percorso con un po’ di tristezza.
Mentre eravamo sulla via del ritorno, ho scattato un selfie speciale che ora conservo con gelosia nella mia galleria foto; la persona con cui l’ho scattato mi ha detto: “Più che la meta, ciò che conta è con chi la condividi”.
Porterò tutti quei fantastici attimi con me.
Da un viaggio si torna diversi.
Si torna, ma per ripartire.
Jackyc'è
Sei proprio una persona speciale 🥰
RispondiEliminaPenso ci sia poco da aggiungere, a tutto quello che hai scritto. Uno scritto pieno di emozioni, di gioia, di rabbia, di stupore di raccapriccio. Bravo come sempre ogni volta meglio, ogni volta ci fai vivere con le tue parole la realtà. Un bacio grande tvb tvb e bravo bravo
RispondiEliminache bello riprendere le tue belle letture...
RispondiElimina...Non posso aggiungere altro, se non che mi sono commossa.
RispondiEliminaGrazie Giacomo, sempre pronto a ripartire ❤️
Meravigliose parole, che fanno riflettere! Come sempre bravo Jack! I tuoi scritti mi illumino di gioia!!!
RispondiEliminaHo letto e riletto queste righe non so quante volte provando a vivere il tuo viaggio.
RispondiEliminaNaturalmente,come hai detto tu,posso immaginare cio' che hai visto ma non posso vivere le tue emozioni.
Partiamo dal viaggio in se pensando come ad un misto di adrenalina per la partenza,curiosita' per cio' che ci attende,emozione per cio' che vediamo,nostalgia per il ritorno,ricordo indelebile di cio' che ci ha lasciato dentro.
Aggiungiamo con piacere che ci accomuna il fascino dei girasoli,per alcuni semplici fiori,per noi dispensatori di serenita'(tanto che mi sono sposato con la chiesa addobbata di girasoli).
Arriviamo poi all'esperienza di vita senza volermi soffermare in concetti etici o in sensazioni che puoi provare solo se sei lì.
Vorrei solo fare delle considerazioni partendo dal fatto che sei un ragazzo fortunato ad avere accanto la famiglia che hai.
Certamente e' importante e prezioso avere alla tua eta' la maturita',la sensibilita',e i valori morali che hai ma come ogni dono dobbiamo saperli coltivare e trarne frutto e ritengo che questa capacita' sia il tuo pregio più grande.
Concludo ringraziandoti di condividere con noi queste emozioni sperando che siano da stimolo per tanti tuoi coetanei ma anche per tanti adulti che credono di non avere niente da imparare dalla vita o da giovani come te.
Certe volte mi imbarazza pensare a quanta stima e a quanto affetto provo per te perche' magari e' insolito che un 50enne si affeziono ad un ragazzo della tua eta' ma ti assicuro che e' un affetto puro e rispettoso basato su una enorme gratitudine per ricordarmi di non smettere di imparare e per trasmettermi ogni giorno una nuova gioia di vivere.
Tuo gianluca.
Ho fatto il tuo stesso viaggio ,ma ho aggiunto anche Birkenau e Dacau.Non si può esprimere a parole tutto quello che si prova,anche perché verrebbe censurato...Le montagne di scarpe,di valigette,di occhiali!!E tutto perfettamente catalogato!Quale mente disumana può progettare una cosa del genere???E che dire di chi esegue senza pensare,senza ragionare,...per sopravvivere all'orrore illudendosi che non ne è responsabile???E di chi nega che queste cose siano accadute???Se fossi io il ministro dell'istruzione metterei questa visita come uscita didattica OBBLIGATORIA al termine del corso di studi e la farei pagare allo Stato.Di fronte all'orrore si deve reagire.E diventare migliori.Per ripartire con forza nel viaggio della vita😘Bravo Giacomo:non chiudere gli occhi e spalanca il ❤️
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